Dopo diversi anni nei quali in Italia persisteva una continua riduzione del numero di iscritti alle facoltà universitarie, negli ultimi due anni si è avuto un cambio di tendenza e addirittura un aumento di immatricolati nell’ultimo anno. È quanto risulta dal rapporto biennale presentato dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca).
L’incremento degli iscritti è stato dell’1,6%, soprattutto al Nord (3,2%), meno al Sud (0,4%) e in ribasso al Centro (-0,1%). Le 61 università statali italiane raccolgono il 90% degli iscritti, che si distribuiscono per oltre i due terzi nei 41 atenei più grandi (con almeno 15.000 studenti).
Per quanto riguarda i corsi di laurea triennali, il 39% degli studenti abbandona dopo il primo anno e uno su sette cambia corso tra il primo e il secondo anno. Il voto medio degli studenti ancora in corso è di 26,78, mentre quello medio di laurea è di 104,41. In Europa siamo ancora purtroppo tra gli ultimi posti per quel che riguarda il numero dei laureati. A fronte di questo c’è da segnalare che il possesso di un titolo di laurea garantisce sempre più l’accesso al lavoro rispetto a chi possiede soltanto il diploma di scuola secondaria: nel 2007 lo scarto percentuale tra il tasso di neoassunti laureati e diplomati è stato del 3,6%, mentre nel 2014 del 12,3%.
Relativamente al settore Ricerca e Sviluppo, la spesa nazionale del PIL dedicata è sempre inferiore alla media europea e la produzione scientifica cresce a un tasso medio annuo del 4% (con le pubblicazioni mondiali al 3,5%). Meno del 5% dei laureati possiede un'esperienza di almeno tre mesi di studio all'estero, verso il quale la percentuale in uscita è raddoppiata nell'ultimo decennio.